Questa idea è molto diffusa e nasce dal presupposto che la nostra vita psichica sia una questione assolutamente individuale e che dunque deve essere affrontata individualmente pena il non sentirsi normali o sani o forti, ecc. Le persone che pensano ciò a volte fanno fatica anche ad andare dal medico per malesseri fisici perché anche quelli sono vissuti come intollerabili o comunque da superare non dandoci peso e importanza. Capita però anche che invece i malesseri fisici siano vissuti come reali, contrariamente a quelli psichici (che sono considerati delle stupidaggini) e di conseguenza curati dal medico.

In realtà è utile andare dallo psicologo innanzitutto per capire e poi eventualmente per farsi aiutare a cambiare quando le condizioni della vita quotidiana, delle relazioni di coppia e familiari sono tali da provocare sofferenza, incapacità ad affrontare taluni compiti, pensieri ossessivi e ricorrenti, stato di tristezza e di mancanza di voglia, ecc.

Certo quando la persona è in grado da sola o con l’aiuto di un familiare, un amico o altra figura significativa di capire e di elaborare la propria sofferenza andare dallo psicologo non è necessario in senso stretto. Ma quando gli interventi di cui sopra non hanno ottenuto gli effetti desiderati e la sofferenza continua perché intestardirsi nel volercela fare da soli?

Perché non darsi il diritto e il permesso di valere anche se si sta passando un periodo difficile? Perché pensare di valere e di esistere solo se non ci sono mai problemi?

Perché continuare a soffrire pur di non farsi aiutare?

Probabilmente perché nella storia di quella persona ci sono stati dei modelli di relazione e di identificazione rigidi, poca attenzione alle emozioni e ai sentimenti, molto senso del dovere e solo dopo, molto dopo, senso del piacere, possibilità di concedersi qualcosa.

In questi casi andare dallo psicologo vorrebbe dire invece accettarsi anche con qualche “limite”, volersi bene anche se non ci si percepisce come “perfetti”.