Lo sport, come tutte le attività dell’uomo, risente in maniera evidente e significativa delle situazioni psicologiche di chi lo pratica. In tutte le attività sportive sia in quelle amatoriali che, a maggior ragione, in quelle professionali, l’agonismo e la competizione sono presenti come elementi costitutivi e basilari. Lo sport è infatti, in estrema sintesi, una metafora della lotta per la supremazia in una determinata relazione intersoggettiva tra due contendenti o tra due gruppi (squadre) di contendenti. Non a caso c’è uno che vince e l’altro che perde e non a caso le attività sportive, a qualsiasi livello siano esercitate, forniscono innumerevoli spunti per metafore legate alla superiorità/inferiorità, alla bravura/non bravura, all’essere desiderabile o non desiderabile come soggetto di identificazione, ecc.

Forse proprio per queste caratteristiche intrinseche e strutturali le attività sportive si prestano a riflessioni sul ruolo che la condizione psicologica dei partecipanti gioca nell’avere successo o al contrario nel risultare sconfitti. Ciò accade in misura più evidente negli sport individuali ma succede altrettanto correntemente negli sport di gruppo dove il clima emotivo complessivo e le influenze psicologiche reciproche possono diventare un elemento di rafforzamento del gruppo nel raggiungere i propri obiettivi o, al contrario, di limitazione delle capacità di quella squadra di ottenere successo.

Una metafora che viene spesso usata in alcune specifiche situazioni sportive è che, in particolare quando si avvicina la fine della competizione e l’atleta (o la squadra) è in vantaggio e sta per vincere, sopraggiunge la cosiddetta “paura di vincere”. E così le capacità sportive diminuiscono drasticamente, le competenze sembrano improvvisamente sparite, attività e gesti fino ad allora ben padroneggiati scompaiono e così via. Tale crisi può portare alla sconfitta o quantomeno a mettere in serio dubbio la vittoria che, se pur arriva, diventa elemento di grande sofferenza. Tutto ciò comporta poi una serie di conseguenze emotive negative per le gare successive dove si ripresenterà fortissimo il rischio che quel ricordo di paura e di insicurezza si riattualizzi diventando un elemento caratterizzante di quell’atleta o di quel gruppo.