Cosa intendiamo quando parliamo di cattivi pensieri? Si possono dare molte risposte a questa domanda. Ci sono infatti cattivi pensieri molto diversi tra loro perciò non si tratta di pensieri ben identificabili. Non ci sono pensieri che, per definizione, sono cattivi o negativi così come, d’altra parte, non ci sono pensieri buoni e positivi in sé.

I pensieri diventano cattivi quando fanno star male.

Ma fanno star male quella persona lì e non un’altra.

Dunque è utile riflettere sul fatto che i pensieri che chiamiamo cattivi sono pensieri personali e individuali e che fanno star male perché rappresentano, ricordano, evocano, suggeriscono, inducono, ecc. emozioni negative, paure, ansie, dolore per quell’individuo lì. Sono pensieri che nascono all’interno di storie individuali, specifiche, personali.

 

Alcuni pensieri cattivi:

  • Valgo poco.
  • Nessuno mi stima.
  • Nessuno mi vuol bene.
  • Sul lavoro non sono capace.
  • Ho pochi amici.
  • Non sono adatto per questo lavoro.
  • La gente mi guarda male.
  • Quello ha riso di me.
  • Mi prendono in giro.
  • Non troverò mai il/la fidanzato/a.
  • Sono un cattivo genitore.
  • Per mia moglie/marito sono un fallito.
  • Ho dei problemi.
  • Mia moglie/mio marito non ha voglia di far l’amore con me.
  • Mia moglie/mio marito ha un altro/a.
  • Ho paura ad entrare in un negozio.
  • Sono imbarazzato a chiedere una informazione.
  • Ho paura di entrare in un bar per andare in bagno.
  • Non lo chiedo tanto non lo avrò.
  • E’ una cosa che non sono capace di fare inutile provarci.
  • Ho paura a chiedere un aumento di stipendio anche se penso di meritarmelo.
  • Faccio un lavoro che non mi piace ma non sono capace di trovarne uno migliore.

 

Come vedete si potrebbe continuare per molto.

Siamo sicuri che voi, che state leggendo, se non vi riconoscete in questi cattivi pensieri ne avete altri in testa.

I pensieri cattivi sono tali perché fanno star male e perché sono insistenti, non se ne vanno, sono sempre lì a disturbarci, se tentiamo di distogliere il pensiero non ci riusciamo. Anzi capita pure che più si cerca di non pensarci e più tali pensieri entrano nella nostra mente e ci restano occupando gran parte del nostro tempo e delle nostre risorse psichiche.

I cattivi pensieri sono un segnale di malessere. Ci ricordano che c’è qualcosa in noi e nella nostra vita e nella nostra storia, nelle nostre relazioni sociali e familiari che non va. Ci dicono che anche se tentiamo di far finta di niente qualcosa dentro di noi ci segnala che dobbiamo fare i conti con problemi ed emozioni non risolte.

In questi casi può essere utile parlarne con qualcuno, magari a volte è sufficiente un amico, un collega, un familiare, un sacerdote, il medico di famiglia, ecc. Ma capita anche che la persona che ha cattivi pensieri non abbia il coraggio, la voglia e la disponibilità a parlarne con le persone citate per mille motivi. Oppure che lo abbia fatto ma il suo malessere e i suoi pensieri non siano spariti e siano purtroppo sempre lì a disturbarlo.

In questi casi può essere utile confrontarsi con uno specialista della mente. Con qualcuno che tratti quotidianamente questi problemi che per chi li vive sembrano appartenere solo a lui e che invece sono molto diffusi e comuni, molto più diffusi e comuni di quanto comunemente si pensi.

Lo specialista aiuterà la persona prima a tirar fuori il dolore poi a capirne le origini e infine a elaborarlo.

Il processo di cambiamento di uno stato psichico negativo ha infatti un suo specifico percorso di evoluzione. Si comincia dicendolo e poi lo specialista aiuta la persona a inquadrare tali pensieri nella storia individuale trovandone il senso che il soggetto, da solo, non era riuscito a trovare. Infine arriva il momento della elaborazione che in fondo non vuol dire altro che l’accettazione di ciò che produceva i pensieri cattivi e le preoccupazioni personali come un pezzo della propria storia individuale, come elementi, dolorosi ma evidentemente inevitabili, di un certo percorso di vita.

Elaborazione vuol dire dunque accettazione di parti della nostra storia che sono state così, che ormai non si possono cambiare, che però oggi, se ci ho lavorato sopra, se le ho dette e dunque tirate fuori, appariranno meno minacciose di quanto apparivano quando rappresentavano elementi inconsci, sconosciuti o non capiti della mia storia individuale.

(vedi anche psicoterapiaansiadepressione)