In questa sezione intendiamo parlare dei disturbi del comportamento e dell’affettività dei bambini e degli adolescenti che coinvolgono anche le capacità cognitive ma che, essenzialmente, nascono e si manifestano come difficoltà comportamentali e relazionali.
I comportamenti che caratterizzano questi disturbi si possono manifestare attraverso modalità che potremmo definire di chiusura e di bassa espressione delle emozioni e della motricità e all’opposto di eccessiva estroversione, comportamenti aggressivi, difficoltà a stare fermi e a concentrarsi.
I genitori dei bambini riservati, timidi e introversi vorrebbero che i loro figli si aprissero, manifestassero più “energia” nelle cose e nelle relazioni e quelli dei bambini troppo “vivaci” li vorrebbero più calmi, più tranquilli e riflessivi.
Già da questa prima considerazione si può capire come in effetti sia auspicabile per tutti un maggior equilibrio nei comportamenti, nella manifestazione dei sentimenti e nella gestione dei rapporti interpersonali e sociali.
I comportamenti evidenziati, sia quelli che potremmo sintetizzare come introversi che quelli estroversi, possono essere delle normali modalità con cui un bambino (o un adulto) esprime la sua personalità e dunque non rappresentare alcun problema ma semplicemente evidenziare una modalità individuale di sentire e di essere.
Quando tuttavia alcuni di questi comportamenti e/o sensibilità risultano particolarmente accentuate in una direzione o in un’altra il soggetto può esprimere un proprio disagio attraverso il suo comportamento e questo diventare fonte di preoccupazione per i genitori e/o gli insegnanti.
In particolare sono spesso segnalati dalla scuola come fonte di difficoltà di gestione quei bambini che manifestano comportamenti molto attivi, che non stanno fermi, che disturbano la lezione e i compagni, che ascoltano poco, che non hanno sufficienti capacità di concentrazione, ecc.
Gli altri, quelli che se ne stanno zitti, che partecipano poco alla vita della classe e non disturbano, pur manifestando una forma di disagio altrettanto preoccupante, sono tuttavia spesso “dimenticati” e sottovalutati.
La nostra società, nel bene e nel male, privilegia l’attività e non la passività, il fare piuttosto che la calma, il movimento e non lo stare fermi.
Possiamo dire che in entrambi i casi si tratta di manifestazioni che possono segnalare malessere, nervosismo, bisogno di attenzione, di cura e di guida e che dunque gli adulti, sia genitori che insegnanti, dovrebbero preoccuparsi prima di tutto di cogliere quei comportamenti come segnali di qualcosa, poi tentare di capire di cosa si tratta e infine agire di conseguenza per fornire al singolo bambino con uno specifico comportamento la risposta emotiva ed educativa corretta.
Molto si gioca, quasi sempre, in un mix di accoglienza, cura e protezione con fermezza, guida e regole chiare.
Troppo spesso tuttavia gli adulti privilegiano solo uno degli aspetti citati e dunque si relazionano offrendo soprattutto accoglienza, protezione, comprensione senza richiedere, contemporaneamente, ascolto, dando regole e offrendo sicurezze.
Dall’altro lato chiedendo invece solo rispetto e attenzione alle regole, pretendendo ascolto senza legittimarlo e fornendo troppa guida senza averla conquistata attraverso una relazione significativa.
Spesso dunque gli adulti non sanno mescolare nella stessa relazione i due stili educativi ed emozionali ma li usano uno per volta in maniera rigida e escludente. Passano così da atteggiamenti di eccessiva accettazione di quasi tutto ad atteggiamenti in cui non viene più accettato niente. Una frase tipica di questi comportamenti confusivi degli adulti è la seguente: guardi dottore ho provato di tutto e non è servito a nulla. Con questa frase questi adulti ci comunicano che sono passati da una estremità all’altra, che hanno proposto sia le regole che l’accoglienza ma che non sono riusciti a proporre un insieme coordinato dei due principi che abbiamo detto essere indispensabili per ogni corretta crescita: dare cura e protezione e allo stesso tempo guida e regole.
I problemi legati alla relazione affettiva ed educativa del bambino con i propri genitori si manifestano già nell’infanzia ma diventano particolarmente significativi nella preadolescenza e nell’adolescenza.
Si intende per preadolescenza l’età che va dagli 11 anni circa ai 13/14 e l’adolescenza dai 14/15 fino ai 19/20. Si tratta di età che variano a seconda delle società e del tempo ma che nella nostra realtà si possono considerare attualmente abbastanza condivise.
Alcuni comportamenti citati come problematici nell’infanzia, sia alcuni di quelli caratterizzati da chiusura e introversione che alcuni di quelli che esprimono “vivacità” ed estroversione, possono assumere una particolare pericolosità ed essere fonte di corrispondente grande preoccupazione da parte dei genitori e degli insegnanti.
Comportamenti di chiusura possono essere accompagnati infatti da sentimenti di inadeguatezza personale, di paura e di insicurezza che possono sfociare in eccessiva timidezza o addirittura in alcune forme di depressione giovanile.
A comportamenti di eccessiva vivacità ed estroversione possono essere conseguenti invece sentimenti di sprezzo del pericolo, sottovalutazione delle regole, atteggiamenti aggressivi verso di sé e/o verso gli altri, assunzione di sostanze, guida pericolosa, ecc.
Pur nella sinteticità della illustrazione si evince come sia necessario farsi carico dei comportamenti che manifestano sofferenza e disagio prima che questi si confermino non solo come comportamenti momentanei e caratterizzanti una fase dello sviluppo del bambino o del ragazzo ma come strutturanti la sua idea di sé e la sua personalità.
Nei disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza la presa in carico del bambino e/o del ragazzo è sempre accompagnata da un supporto ai genitori e in alcuni casi agli insegnanti.