Psicologia dell’anziano
Lo psicologo e gli interventi a favore dell’età anziana
Potremmo partire con una riflessione di base: chi sono gli anziani oggi? Sono anziani coloro che hanno 60 anni? Oppure non conta l’età ma conta l’attività lavorativa? Dunque sono anziani coloro che hanno cessato l’attività lavorativa e sono in pensione? Oppure sono anziani coloro che hanno ormai figli grandi e fuori casa e magari con figli?
E’ difficile dire con precisione alcunché sull’essere anziani perché la nostra società parla con poca chiarezza delle categorie di persone che non sono giovani. Tutto ciò che “sa di vecchio” è fuori moda. Addirittura si sente spesso dire, quando una persona parla di un’altra più vecchia di lei, che è “più grande”. Anche solo usare la parola vecchio appare poco opportuno.
Detto questo noi pensiamo che gli anziani esistono. Anche se non sappiamo bene di chi parliamo siamo consapevoli che ci sono molte persone (sempre di più con l’allungarsi della vita) che non sono più giovani. Che dunque hanno passato la loro giovinezza e l’età adulta e sono arrivati a quell’età dove si può dire che sono anziani. In ogni caso, diciamo per convenzione, che abbiamo deciso che sono anziani coloro che hanno, come minimo, più di 60 anni.
I cambiamenti prodotti dal tempo che passa: fisici, psicologici, culturali, familiari
Cosa succede a una persona di più di 60 anni che potrebbe causare qualche malessere sul piano psicologico ed esistenziale? Succedono o possono succedere parecchie cose la più parte delle quali piuttosto comuni.
Per esempio succede che il fisico non è più quello di “una volta”. E che sopravvengono acciacchi di diversa natura che rendono la vita quotidiana meno agevole.
Poi succede che la sessualità non è più quella di una volta. Poi succede che si può terminare la propria vita lavorativa e se ciò può rappresentare per certi versi una liberazione e una soddisfazione per altri versi può invece rappresentare una crisi di identità e di ruolo difficilmente digeribili.
E altresì può succedere che i figli stiano bene e abbiano una buona vita familiare e lavorativa ma può anche capitare che non sia così e che alcuni pesi e preoccupazioni che l’individuo anziano aveva pensato di aver superato si ripresentino costringendolo a riprendere in mano delle situazioni complesse e ansiogene relative alla vita dei figli. Perché un conto è preoccuparsi a 40 anni di un figlio adolescente e un altro conto è doversi preoccupare a 65 anni di un figlio di 35 che si è separato e che ha bisogno di supporto sia materiale che psicologico.
Dunque si può concludere, anche dopo questo esiguo elenco di problematiche, che esistono delle caratteristiche situazioni di vita che sono inerenti l’età anziana in maniera specifica e precisa.
Gli anziani vanno dallo psicologo?
Quando ci riferiamo ai problemi psicologici degli anziani pensiamo tuttavia soprattutto a quelle condizioni personali ed emotive che fanno sentire la persona anziana non più adeguata a risolvere i problemi che gli si parano di fronte. E che dunque, al di là della loro specifica gravità, fanno sentire l’interessato incapace, sopraffatto, spaventato, stanco.
In questi casi è possibile lavorare sulle risorse che sembra non si trovino e sulle aspettative che debbono essere ricostruite e/o rimodulate. In questi casi, pur consapevoli che gli anziani non sono abituati a farsi aiutare psicologicamente perché tale pratica è spesso fuori dal loro orizzonte cognitivo e culturale, noi affermiamo che è invece possibile e utile che questi soggetti imparino, anche attraverso il farsi aiutare, che sono degni di attenzione, che sono portatori di diritti e non solo di doveri e che possono, almeno per una volta, mettersi al centro della loro vita in una posizione di preminenza.
Un’ultima osservazione è questa: l’esperienza di vita e la consapevolezza di tante sofferenze e delusioni possono diventare un elemento di aiuto in un percorso psicologico perché l’anziano è una persona sperimentata e matura e non si illude più troppo facilmente. Al contrario può, più facilmente che un giovane, trovare una buona mediazione nell’accettare situazioni e fatti poco soddisfacenti o frustranti. E’ insomma più realista e concreto e ciò lo può aiutare a convivere, correttamente, con la complessità.