Abbiamo un problema ma mia moglie/mio marito non vuole andare da uno psicologo. Cosa possono fare lo psicologo e lo psicoterapeuta

coppiaAccade molto spesso che una persona si renda conto che nella sua vita di coppia ci sono cose, comportamenti e situazioni che non vanno bene. Tali cose rendono la sua vita difficile, creano dolore, preoccupazione e insoddisfazione. A volte tali situazioni sono così gravi che creano una vera angoscia. Intendiamo con angoscia una situazione emozionale che crea paura, insicurezza, terrore di non potercela fare a continuare così, desiderio e bisogno che qualcosa cambi pena la propria autodistruzione. Si tenga conto che l’angoscia è la madre di molti gesti estremi sia auto che etero rivolti.

L’angoscia crea un’altra conseguenza negativa: impedisce di pensare serenamente, blocca la capacità di ragionare e di pensare e infila chi la vive in un buco nero dove non si intravede nessuna via di uscita.

Quando un coniuge vive alcune di queste situazioni di insoddisfazione, preoccupazione e dolore in genere prova a fare qualcosa per cambiare. La prima cosa che fa, in genere, è quella di dire al coniuge “problematico” che ha un problema. Tale iniziativa può avere vari risultati:

1)      l’interessato nega di avere quel tale problema

2)      l’interessato ammette che, sì in effetti ha quel problema, ma è un problema che egli risolverà presto

3)      l’interessato si arrabbia e rivolta la critica verso chi l’ha fatta dicendo che lui/lei ha il tal’altro problema e dunque si occupi di sé piuttosto che “rompere le scatole a lui/lei”

4)      l’interessato dice di essere fatto così e che se non va bene…………….

5)      l’interessato prova a fare qualcosa, si impegna ma poi ricade e le cose tornano al punto di partenza.

6)      a volte il soggetto che esprime il sintomo accusa l’altro/a di essere la causa del proprio problema

 Siamo sicuri che chi legge ha altre risposte perché, in effetti, le risposte sono quasi infinite.

Allora che fare? Il coniuge, constatato che la situazione non cambia e torna sempre al punto di partenza, anzi si aggrava, propone di andare da qualcuno. Dice cioè al coniuge che lui/lei dovrebbe andare da un medico o uno psicologo per farsi aiutare. Anche in questo caso le risposte sono simili a quelle sopra indicate e non le ripetiamo. Sta di fatto che la situazione si incancrenisce e la vita della coppia si degrada con conseguenze facilmente immaginabili sia per la coppia che per i figli. Ciò accade sia nel caso i figli siano ancora presenti in casa sia anche quando sono già autonomi ma vivono comunque, anche se un po’ di riflesso, la sofferenza dei genitori.

In queste situazioni di stallo può essere molto utile che la persona più consapevole decida di fare qualcosa decidendo da sola, senza attendere cioè l’iniziativa del coniuge che rifiuta di mettersi in gioco.

Le strade sono diverse ma rimandiamo alle due soluzioni che, a nostro avviso, sono le principali.

 Una soluzione è quella di proporre al coniuge una consultazione psicologica di coppia. E’ una decisione importante perché mostra la disponibilità a mettersi in gioco da parte di chi presenta meno problemi. Siccome spesso il coniuge “sintomatico” dice che i suoi problemi sono colpa dell’altro questi lo prende in parola e chiede di andare a farsi “curare” assieme.

E’ una strada molto utile perché permette di chiarire i rapporti di coppia, le incomprensioni e i torti fatti e subiti e pulisce il campo. Elimina cioè ciò che è legato alla storia di coppia da ciò che è invece stato prodotto dalla storia individuale di ognuno. In questo senso si pulisce il campo perché si attribuisce ad ogni periodo e ad ogni relazione la sua specifica funzione e ruolo. Affrontando la vita e la storia della coppia si affrontano le problematiche della vita relazionale dei coniugi e si cerca di porvi rimedio. Una volta fatto ciò restano le questioni individuali. Restano dunque le problematiche che nascono da una storia più lontana e più fondante la struttura di personalità individuale. A quel punto, se i problemi manifestati da uno dei coniugi permangono, dovrà essere l’interessato a farsene carico personalmente senza attribuire la responsabilità del proprio malessere all’altro.

Nel caso anche questa proposta non fosse accettata il coniuge che ha mostrato tale disponibilità potrebbe utilizzare una ultima scelta a propria disposizione: chiedere una consultazione psicologica individuale e farsi aiutare a capire il da farsi. Farsi cioè aiutare a sostenere le proprie scelte e le proprie decisioni che, a quel punto, potrebbero prevedere anche una separazione,  magari temporanea. In ogni caso il lavoro su di sé potrebbe avere anche un’altra funzione. Quella di cambiare se stessi costringendo l’altro a cambiare a sua volta, ovviamente contando sulla speranza che egli/ella sia disponibile e capace di cambiare.

Da ultimo resta la scelta più difficile e dolorosa ma a volte necessaria: che ognuno vada per la propria strada e provi a salvare almeno se stesso.