Il momento del pensionamento è una fase cruciale del ciclo di vita di una persona perché rappresenta la fine del suo ruolo socio lavorativo e dunque “pubblico” o  “ufficiale” per ricollocarlo in una dimensione privata dove egli/ella si ritrova, in fondo, da solo con se stesso, privo di quella copertura sociale e professionale che era rappresentata dalla sua attività lavorativa. I sociologi, in questi casi,  dicono che col pensionamento si restituisce alla società il proprio ruolo sociale. Dunque se questo ruolo rappresentava in qualche misura anche solo un completamento del sé, anche se sappiamo che spesso tale ruolo rappresenta invece una parte fondamentale della identità complessiva della persona, l’interessato si ritrova nudo.

Ciò vale soprattutto per coloro che hanno svolto attività importanti sul piano sociale ed economico ma si può ritenere che concerna anche tutti coloro che nella loro attività lavorativa hanno trovato un’identità più specifica, un riconoscimento sociale e relazionale, una soddisfazione emotiva e identitaria nel sentirsi apprezzati e benvoluti. Pensiamo per esempio agli insegnanti, o a un infermiere, o a un esercente un’attività commerciale significativa per  un quartiere o un piccolo paese.

Per capire meglio il significato della “restituzione del ruolo sociale” è bene fare un passo indietro e ripensare al valore simbolico che rappresenta un certo lavoro/professione per chi lo abbia prima desiderato, poi scelto, poi ottenuto e infine realizzato. Attraverso quell’impiego la persona non ha solo trovato una attività remunerativa che gli ha permesso di vivere, di comprare casa, far studiare i figli, comprarsi dei beni, ecc. Attraverso quella attività quell’individuo si è realizzato come persona con una certa idea di sé. La fine di una storia così importante non può dunque essere presa alla leggera sul piano emotivo e psicologico.

Oltre a ciò ci sono molti altri aspetti apparentemente secondari che dobbiamo tenere in considerazione. Si tratta delle abitudini e dell’uso del proprio tempo. Se durante l’attività lavorativa l’organizzazione della giornata era strutturata in un certo modo, dopo si aprono vuoti immensi nella gestione della quotidianità. Tutto ciò che prima si faceva con ritagli di tempo, a volte ambito e desiderato, ora si presenta di facile realizzazione ma proprio per questo, dopo un po’, rischia di diventare banale, non più interessante.

Rispetto al primo problema che potremmo definire identitario e psicologico questo secondo è affrontabile con qualche maggiore possibilità di soluzione. Ci sono infatti varie incombenze, interessi, hobby, cura della famiglia e dei nipoti che possono rappresentare un’ancora di salvezza rispetto al vuoto di impegni. Pensiamo per esempio alle attività di volontariato oggi tenute spesso in piedi positivamente proprio grazie ai pensionati.

Rispetto al primo tema la cosa è anch’essa affrontabile e risolvibile ma comporta un lavoro di riflessione e di rimessa in gioco dell’idea di sé che dovrà essere trasformata sulla base del nuovo ciclo vitale e di una nuova ide di sé.

Un’ulteriore riflessione concerne le relazioni di coppia che, dopo il pensionamento, mutano per il solo fatto di ritrovarsi assieme “tutto il giorno” in una condizione che può vedere l’uomo rientrare in casa con la moglie che, se casalinga, era abituata a certe attività, certi ritmi e certi impegni che ora possono subire dei cambiamenti graditi o sgraditi.  Oppure in altri casi possono vedere l’uomo che rientra in casa mentre la moglie è ancora al lavoro ritrovandosi con dei compiti di gestione delle attività domestiche nuove che possono risultare anche in questo caso gradite o sgradite.

Le situazioni sopra-esposte possono quindi in certi casi dare origine ad insoddisfazioni e malesseri e come momenti spesso normali sono assolutamente affrontabili e risolvibili.