Sto male cosa posso fare? Quando è utile un aiuto psicologico
Questa domanda, a volte esplicita altre volte implicita, è presente nella mente e nel cuore di tutti coloro che non sono contenti della loro vita, o che, anzi, sono pieni di sofferenza e di malessere e a volte di disperazione. Quando si vive una condizione emotiva che fa star male è sano chiedersi cosa si può fare. Questa domanda esprime la consapevolezza che la propria vita non è ciò che la persona aveva sperato e desiderato. Il fatto di domandarsi questo è segno che gli equilibri che fino a quel momento hanno permesso a quell’individuo di “sopravvivere”, magari raccontandosi che in fondo non va così male e che domani andrà meglio, sono equilibri che non reggono più.
E’ dunque un bene o un male che ci si ponga questo tipo di domande? A nostro parere è un bene. E’ un bene perché sono cessati i meccanismi di difesa incongrui e sproporzionati, perché si ha il coraggio di guardare in faccia la realtà anche se questa fa star male, è un bene perché la persona ha deciso e pensato che merita di più. Se fino a quel momento andava bene così o piuttosto ha fatto finta che andasse bene così, oggi tutto ciò non vale più. Oggi l’individuo si da un valore maggiore, considera di avere più meriti e più diritti e soprattutto che li possa e li debba soddisfare.
Porsi la domanda : “sto male cosa posso fare” è dunque la rottura di uno schema che non funziona più, è lo spartiacque tra modelli di funzionamento che non sono più tali, è la dichiarazione di un bisogno di cambiamento ma, e qui è necessario fare una importante sottolineatura, è il segno tangibile che è cambiata la considerazione di sé.
Questa domanda non è mai una domanda nuova. La persona se l’è fatta altre mille volte ma tutte le volte che se l’era fatta aveva trovato delle risposte provvisoriamente soddisfacenti. Oppure aveva fatto di necessità virtù. Siccome non sono in grado di cambiare o di esigere un cambiamento (da me stesso a da mio marito/moglie, o da mio figlio/a ecc.) trovo delle soluzioni che mi rimettano, almeno per poco, in equilibrio. Domani si vedrà.
Quando la domanda diventa imperativa ed esige un comportamento diverso da quelli usati e adottati precedentemente si è già in una condizione più favorevole ad ottenere ciò che si desidera.
A questa domanda noi pensiamo si possano dare almeno tre tipi di risposte.
1) Prima risposta: la prima cosa l’hai già fatta. Ti sei posto il problema in modo nuovo, non accetti più le “vecchie” risposte. Ciò è il presupposto fondamentale per iniziare a cambiare. Se stessi e coloro che ci stanno intorno. Quando si parte per questi viaggi si è già, di fatto, a metà dell’opera. Ricordiamocelo sempre questo. Quando si parte e si vuole un cambiamento rispetto alle modalità di vita usate fino ad allora si è già fatta metà della strada necessaria per arrivare alla meta. Partire è a volte la cosa più difficile.
2) Seconda risposta: quando si decide di fare qualcosa si decide, di fatto, che la nostra vita dipende anche da noi. Certo non solo da noi, certo anche dagli altri e dal contesto ma anche da noi. A quel punto la persona non resta in attesa che succeda qualcosa, che il fato e la fortuna si girino finalmente dalla sua parte ma prova lui stesso, con le sue poche ma in fondo grandi forze, a cambiare la direzione della sua vita. In quel momento, quando si comincia ad agire per cambiare il proprio star male, si è deciso che il luogo del controllo della propria vita non è fuori da sé ma dentro di sé.
3) Terza risposta: nel momento in cui si comincia a darsi da fare per cambiare la propria vita si comincia anche, per ciò stesso, a cominciare a pensare che non si può modificare il passato. Si badi bene a ciò. Se ci ragioniamo con calma sappiamo tutti, molto bene, che il passato è passato e non si può modificare. In realtà nelle situazioni psicologiche che fanno star male spesso le persone “sognano” di poter cambiare il passato. Sognano che la loro vita sarebbe stata diversa se in quel particolare frangente e in quel particolare momento passato esse avessero fatto altre scelte. Oppure sognano o si immaginano cosa sarebbe potuto succedere se la persona che le ha fatte e/o le fa star male in quel particolare momento passato avesse agito in modo diverso.
Bene tutto ciò non va bene. Sperare di cambiare il passato, anche solo fantasticando, ci distoglie dal metterci in moto per cambiare il presente che è l’unica cosa che possiamo cambiare e così costruirci un possibile futuro migliore rispetto a quanto vissuto fino ad allora.
L’ultima annotazione è questa. A volte può essere utile non fare il percorso del cambiamento da soli. Già si è avuto la forza e il coraggio di partire e può essere più facile e meno faticoso se ci si fa accompagnare da un professionista appositamente formato a questo tipo di supporto. Certo a volte farsi aiutare è visto come una debolezza, come un fallimento. Ma perché debbo farmi aiutare quando tutti ce la fanno da soli? A parte il fatto che non tutti ce la fanno da soli e molti si fanno aiutare, perché non mi concentro su di me senza pensare agli altri? Perché se mi rompo una gamba non mi vergogno ad andare dall’ortopedico e se mi si rompe il “cuore” mi vergogno ad andare da uno psicologo? Anche in questo caso è utile pensarsi come competenti e come padroni del luogo del controllo della propria vita ma non onnipotenti. Farsi aiutare è una decisione e una scelta non una sconfitta. (vedi anche perchè andare da uno psicologo…)