In tutte le organizzazioni umane, di tutti i tipi, che contengano più di una persona, prima o poi si manifestano conflitti. Intendiamo per conflitti tutta una serie di difficoltà che vanno dalla semplice incomprensione interpersonale fino alla manifestazione di comportamenti aggressivi e/o lesivi della dignità e della autostima di coloro che li subiscono.
Le relazioni umane sono caratterizzate da regole, modalità e strutture che definiscono e fissano il carattere del rapporto. A partire dalla famiglia dove vi sono regole, relazioni e comportamenti che permettono lo scambio di affettività, cura e protezione ma anche, a volte, lo scambio di incertezza, timore, paura, aggressività passando per i gruppi sociali e lavorativi fino alla società nel suo complesso, vivere con gli altri rappresenta sempre una avventura piena di tante cose: positive, incerte, a volte assolutamente negative ecc.
I conflitti insorgono per molteplici motivi. Alla base della maggior parte delle motivazioni più comuni e se escludiamo i conflitti caratterizzati da motivazioni religiose, razziali, o simili, ci sono problemi legati alle relazioni di potere. Intendiamo per relazioni di potere il rapporto che determina in un gruppo o anche tra due individui chi esercita il ruolo di comando. Colui cioè che ritiene di aver diritto di stare o pretende di stare in una posizione dominante. Ciò può essere dovuto alla sua posizione “naturale” quale quella per esempio di un genitore rispetto ad un figlio, oppure al suo ruolo gerarchico nella organizzazione, per esempio il capo ufficio rispetto ad un sottoposto, oppure si tratta di una posizione pretesa da un membro di un gruppo rispetto ad un altro membro dello stesso gruppo con quale tuttavia non ci sono esplicite differenze di grado.
In questo ultimo caso la motivazione di un soggetto a manifestare atteggiamenti e comportamenti di superiorità rispetto al compagno/collega/amico, ecc. è legata a molteplici fattori individuali, di personalità e sociali che non si riesce in questa sede ad analizzare ma che determinano comunque una situazione di “lotta” tra chi vuole prevalere in una determinata relazione. E’ anche essenziale dire che il conflitto nasce e si sviluppa quando uno dei due, ovviamente quello che si trova o viene collocato nella posizione inferiore, non accetta, per qualsiasi motivo, quella posizione.
Può essere un figlio che non sopporta gli atteggiamenti e i comportamenti del genitore considerandoli, a torto o a ragione, scorretti e eccessivi, può essere il sottoposto che non accetta i comportamenti e gli atteggiamenti del capo ufficio ritenendoli in qualche misura e per qualche caratteristica ingiusti, incongrui e di non meritarseli, può essere il compagno di gioco o il collega di lavoro che non accettano dal compagno/collega atteggiamenti e comportamenti di superiorità che essi non ritengono di dover subire.
Le situazioni conflittuali hanno alcune caratteristiche molto importanti che ne determinano le modalità di svolgimento e la possibilità di chiarimento e/o superamento.
Una delle caratteristiche fondamentali è se tali conflitti sono chiari, aperti, consapevoli e si manifestano alla luce del sole. La caratteristica opposta è se tali conflitti sono evidenti nella loro esistenza ma non chiari, non definiti da motivazioni esplicite, anzi si determinano con delle modalità poco comprensibili, su argomenti a volte lontani dal vero problema come quelle relazioni che vengono chiamate triangolari perché il rapporto non è diretto tra due ma si gioca “di sponda” per colpire l’altro. Molto spesso in questi ultimi tipi di conflitto si nega addirittura l’esistenza dello stesso accampando motivazioni laterali e non dirette per spiegare le incomprensioni e il clima di tensione e di stress.
Le relazioni conflittuali sono dolorose e negative per entrambi i contendenti ma, quasi sempre, sono particolarmente negative per chi si trova nella posizione di soggezione tale per cui si trova a subire atteggiamenti e comportamenti aggressivi e/o offensivi oppure disconfermanti la propria identità e il proprio ruolo sociale, lavorativo ecc.
I conflitti sono dunque generatori di sofferenza, possono colpire la propria autostima, provocando conseguenze sul piano psicologico, dei comportamenti e della idea di sé.
Se ci soffermiamo in particolare sui conflitti in ambito lavorativo possiamo affermare che essi producono un clima malsano che riduce la produttività, diminuisce la presenza stessa del lavoratore sul luogo di lavoro aumentandone le assenze e qualche volta provocando burn out, provocando cioè la crisi soggettiva di quella persona fino al punto da non essere più in grado di svolgere adeguatamente il proprio lavoro o da costringerla a chiedere un cambio di lavoro o, in casi estremi, a licenziarsi.
Si può dire al contrario che un buon clima lavorativo, delle buone relazioni interpersonali e di gruppo, l’accettazione e il sostegno reciproci sono strumenti essenziali per una buona qualità del lavoro svolto, per far diminuire le assenze e aumentare la creatività, l’innovazione e il cambiamento. Molti studi sul tema sostengono infine che la qualità del servizio offerto ai propri clienti da un gruppo di lavoro è direttamente proporzionale alla qualità della vita di quel gruppo stesso.
Le dinamiche a cui si fa riferimento sono generali e concernono tutti i gruppi e le organizzazioni e le aziende di qualsiasi tipo.
Una osservazione particolare concerne le organizzazioni che si collocano in ambito sociale e sanitario dove l’oggetto della propria attività lavorativa non sono prodotti materiali ma persone.
Se riflettiamo infatti sul contesto di lavoro socio sanitario, sul tipo di servizi che questo contesto produce e sul tipo di cittadini a cui tali servizi sono offerti appare come assolutamente essenziale che i conflitti siano ridotti il più possibile, che il clima lavorativo sia sereno, che vi sia capacità da parte dell’organizzazione di farsi carico di eventuali problemi che insorgano nei diversi contesti e gruppi di lavoro.
E’ infatti fondamentale sia sul piano etico che professionale che a persone sofferenti e/o in condizioni personali di non autonomia siano riservati servizi efficienti ed efficaci caratterizzati da buone relazioni umane e buon livello generale di tutte le prestazioni.
Possiamo concludere affermando che la gestione dei conflitti concerne tutte le organizzazioni, di qualsiasi tipo e che appare utile lavorare in termini di aggiornamento e di formazione sul tema del conflitto, del suo insorgere, delle motivazioni che lo sostengono e lo mantengono e soprattutto delle modalità attraverso le quali poterlo superare attraverso la metodologia del lavoro di gruppo che si presta in maniera ottimale a questo scopo. Ogni operatore, di qualunque professionalità, fa parte di un gruppo, anzi molto spesso fa parte di più gruppi a loro volta in rapporto, relazione e forse conflitto tra loro.
La comunicazione, le relazioni, i ruoli, le caratteristiche personali di ogni operatore, ecc. entrano in gioco nel complicato reticolo di messaggi e di posizioni che ogni operatore manifesta e incontra nel suo lavoro. Analizzare tutto ciò insieme ad altri è fondamentale per capire come nascono le difficoltà e come si possono superare, come e perché nascono i conflitti e come si possono risolvere.
Il nostro studio è in grado di offrire una proposta formativa sulla gestione dei conflitti attraverso la metodologia del lavoro di gruppo per ogni tipo di organizzazione aziendale strutturando col committente un tipo di progetto specifico e mirato alle singole esigenze.