Corriere della Sera, 26 Novembre 2013
Hanno una diversa regolazione della serotonina a causa dell’alterazione dei livelli di estrogeni nel ciclo mestruale
L’ansia è un’emozione che tutti gli esseri umani provano, come la gioia, la rabbia, la paura. Stati d’animo diversi che guidano le nostre scelte, influenzano le nostre relazioni sociali. In particolare, l’ansia ha la funzione di segnalare situazioni pericolose o spiacevoli, attraverso modificazioni fisiologiche innescate da una maggiore quantità di adrenalina che entra in circolo nel sangue: il cuore batte più forte, aumenta la sudorazione, così come la pressione sanguigna. Entro certi livelli è fondamentale, in quanto ci mette in allerta e ci prepara ad affrontare situazioni stressanti. Se però l’ansia supera certi limiti, può sfociare in situazioni patologiche e innescare attacchi di panico e fobie. A quanto pare, esiste una certa predisposizione genetica a essere ansiosi e uno studio, condotto dall’Istituto di scienze neurologiche del Cnr di Catanzaro in collaborazione con l’Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma, conferma che le donne per natura sono più ansiose degli uomini.
LE DONNE – Le donne, infatti, hanno fisiologicamente una diversa regolazione della serotonina, a causa dell’alterazione dei livelli di estrogeni per via del ciclo mestruale: hanno cioè livelli maggiori rispetto agli uomini di questo neurotrasmettitore che modula i comportamenti emotivi. «Insomma non è solo un preconcetto culturale – spiega Antonio Cerasa, ricercatore del Laboratorio di neuroimmagini dell’Istituto di scienze neurologiche di Catanzaro –. Alla base della predisposizione femminile all’ansia c’è una variante del gene 5-Httlpr che è implicato nella regolazione della serotonina e causa al soggetto portatore un aumento della quantità di questo ormone». Il gene vulnerabile, in pratica, produce più serotonina, eccesso che innesca stati emotivi ansiosi e difficoltà nel gestire le relazioni sociali. «Si tratta di una variazione genetica che riguarda il 20% circa della popolazione, ma il nostro studio ha evidenziato che nelle donne, più che negli uomini, sviluppa comportamenti ansiosi».
ANATOMIA DEL CERVELLO – Come spiegano sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience, i ricercatori hanno riscontrato questo effetto grazie a una ricerca sull’anatomia cerebrale di 138 soggetti adulti (uomini e donne). «In pratica, l’effetto di questa variante genetica che conferisce una dis-regolazione della serotonina è molto influenzata dal sesso: le donne, portatrici di questo polimorfismo, sono infatti più ansiose degli uomini con la stessa alterazione genica». La ricerca è stata condotta utilizzando avanzate tecniche di neuroimaging strutturale al fine di scoprire l’interazione tra predisposizione genetica e sesso e studiare più a fondo le basi neurobiologiche dell’ansia, «con l’obiettivo di verificare l’esistenza o meno di un biomarcatore cerebrale implicato nella patologia affettiva» precisa Cerasa. E in effetti, è emerso che questa predisposizione femminile si manifesta, a livello neurobiologico, con un’alterata anatomia dell’amigdala, una regione chiave nella regolazione delle emozioni. «In altri termini, un più ampio volume dell’amigdala può essere considerato il marcatore neurobiologico dell’ansia, un fattore predittivo dello sviluppo patologico di disturbi emotivi, fattore dunque di cui si potrà tener conto, anche a livello clinico, per far sì che l’ansia non prenda il sopravvento fino a compromettere la qualità della vita di chi ne soffre».
L’AMIGDALA – Il ruolo dell’amigdala, infatti, è già ben noto in ambito clinico: «Pazienti affette da disturbi psichiatrici con base ansiosa, come la bulimia nervosa o fobie sociali, sono caratterizzate da alterazioni a livello anatomico e funzionale di quest’area» precisa il ricercatore. «Ora, grazie ai risultati del nostro studio è possibile immaginare che un giorno, non molto lontano, con un semplice esame del sangue e una risonanza magnetica, sarà possibile individuare le persone che possono avere una più marcata vulnerabilità allo sviluppo di comportamenti patologici». E così, conoscendo i fattori che innescano l’ansia sarà possibile intervenire con una mirata terapia psicologica cognitivo-comportamentale. Anche se, naturalmente, non solo il sesso e i geni influenzano il comportamento umano: «non bisogna trascurare, infatti, le componenti ambientali che possono favorire o meno comportamenti ansiosi» aggiunge Cerasa. «Gli effetti biologici e comportamentali del polimorfismo del gene 5-Httlpr sono infatti modulati non solo dal genere ma anche da fattori ambientali – ribadisce –. Ma per misurare l’effetto negativo dei fattori di stress che si verificano nel corso di vita, cioè come l’ambiente può amplificare comportamenti ansiosi patologici, e ottenere risultati statisticamente rilevanti abbiamo bisogno di estendere lo studio a migliaia di soggetti».