La Repubblica, 5 Febbraio 2012.
Una ricerca della Washington University School of Medicine di St. Louis dimostra che i bambini che in età prescolare godono di cure materne particolarmente intense sviluppano meglio l’area del cervello fondamentale nella gestione di apprendimento, memoria e stress.
NOI ITALIANI, è noto, siamo dei ‘mammoni’. Ed è probabile, con buona pace di chi ci critica, che sia questo il segreto della nostra genialità. Una ricerca della Washington University School of Medicine di St. Louis dimostra infatti che i bambini che in età prescolare godono di cure materne particolarmente amorevoli sviluppano del 10 per cento in più l’ippocampo, area del cervello fondamentale nella gestione di apprendimento, memoria e stress.
In altre parole, chi fino ai quattro-cinque anni di vita trascorre molto tempo in compagnia della madre e viene da lei coccolato e vezzeggiato, anche “più del dovuto”, da quel rapporto trarrà, crescendo, un enorme vantaggio sul piano psico-fisico, ritrovandosi molto più sveglio dei coetanei.
“Ecco perché dico sempre ai neo-papà: smettetela di ‘giocare’ a fare le mamme”, spiega il pedagogista Daniele Novara, fondatore e direttore del Cpp (Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti) di Piacenza. “Nel primo anno di vita (e non solo) il rapporto tra mamma e bambino è fondamentale per lo sviluppo cerebrale. E finalmente uno studio conferma questa teoria”.
Una teoria – detta “dell’attaccamento primario”, già elaborata dallo psicanalista britannico John Bowlby – che studia le componenti etologiche del comportamento umano e aveva concluso che il neonato è un mammifero e che, come tutti i mammiferi, nel primo anno di vita deve continuare ad essere trattato come se si trovasse ancora nel grembo materno, con un continuo e forte contatto epidermico con la madre.
“Studi successivi – precisa Novara – hanno poi dimostrato che i bambini che vengono allevati in questo modo, da grandi raggiungono performance cognitive migliori. Una situazione che io stesso ho riscontrato personalmente”.
Quella pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences è però la prima ricerca che lega gli accudimenti materni allo sviluppo strutturale di una regione chiave del cervello, in questo caso l’ippocampo. “Il nostro lavoro – spiega il coordinatore del progetto, Joan Luby – fornisce una prova affidabile dell’importanza di coltivare in anticipo lo sviluppo cerebrale e potrebbe avere enormi implicazioni per la salute pubblica”.
Per giungere a queste conclusioni, Luby e il suo team hanno condotto un esperimento costringendo bambini dai 3 ai 6 anni ad affrontare una situazione frustrante: lasciati in una stanza con un pacchetto dai colori molto vivaci, avrebbero potuto aprire il regalo solo dopo che la mamma avesse portato a termine una serie di disegni. Osservando come madre e figlio gestivano la situazione, pensata proprio per replicare i fattori di stress tipici della quotidianità (in cui una mamma non può assecondare in ogni momento le richieste del figlio), gli studiosi hanno classificato sotto la categoria “accudimento” i casi in cui le madri offrivano rassicurazione e supporto al bambino, e diversamente quelli in cui lo ignoravano o rimproveravano.
Tempo dopo, quando i bambini avevano compiuto dai 7 ai 10 anni, i ricercatori hanno effettuato scansioni con risonanza magnetica al cervello di 92 di loro, riscontrando, in quelli con mamme più amorevoli, un ippocampo più grande del 10 per cento rispetto a quelli rientrati nell’altra categoria.
Nello studio, i ricercatori hanno escluso i bambini che soffrivano di depressione o altri disturbi psichiatrici in grado di influenzare la dimensione dell’ippocampo. “Decenni di ricerche avevano suggerito l’importanza di un caregiver particolarmente amorevole (che si tratti di mamma, papà o nonni) ai fini dello sviluppo emotivo e comportamentale del bambino – ha concluso Luby – ma questo studio fornisce prove concrete circa il fatto che una regione chiave del cervello cresca più sana e meglio sviluppata nei bambini che ricevono un accudimento più attento”.
“Che esista un rapporto tra sviluppo dell’ippocampo e cure materne è perfettamente vero – spiega Enrico Cherubini, coordinatore del settore di Neurobiologia della Sissa di Trieste, la Scuola internazionale superiore di studi avanzati, e presidente della Società italiana di neuroscienze – e lo confermano anche diversi studi già condotti sul mondo animale. Nei primi anni di vita il bambino ha un cervello plastico, in grado di formare continuamente nuove connessioni. Quindi è altamente probabile che gli stimoli materni contribuiscano all’aumento di questo network, favorendo lo sviluppo delle sinapsi dell’ippocampo”.
Di Sara Ficocelli