Gli operatori sociali e sanitari e a volte anche quelli educativi sono confrontati, ogni giorno, con persone caratterizzate da sofferenze, bisogni da soddisfare, richieste di aiuto, comportamenti irregolari e a rischio, ecc. Tali operatori, nel rapportarsi con queste manifestazioni comportamentali dalle forti cariche emozionali e sostanzialmente con queste persone, sono esposti a meccanismi transferali che debbono essere gestiti e tenuti sotto controllo.
Ciò sia per mantenere la giusta distanza emotiva che il ruolo professionale necessario a gestire la propria professione in maniera corretta. Questi meccanismi transferali funzionano, ovviamente, sia in direzione operatore-cliente che cliente operatore e a seconda delle componenti che ogni persona mette in questo scambio emotivo la relazione può assumere caratteristiche molto diverse. Intendo dire che la relazione professionale non può essere priva di tali relazioni emozionali ma che esse debbono trovare una corretta dimensione sia sul piano “quantitativo” che “qualitativo”.
In questo modo si evitano situazioni di eccessiva partecipazione ma anche di eccessivo distacco, di onnipotenza e di salvazione ma anche di impotenza e di abbandono, e così via.
Per analizzare la propria dimensione emotiva lavorativa è molto utile il lavoro in équipe e la supervisione interna o esterna. Per supervisione interna si fa riferimento ad un lavoro fatto all’interno dell’èquipe di lavoro dove, chi lo desidera, presenta un caso problematico, ne illustra le difficoltà, riferisce le proprie difficoltà e dubbi nell’affrontarlo, ecc. chiedendo conseguentemente ai colleghi di aiutarlo a capire meglio i propri stati emotivi e il proprio atteggiamento complessivo in quella situazione.
Questo lavoro di supervisione interna è molto importante, anzi direi fondamentale in tutti i gruppi di lavoro socio sanitari.
Può essere utile, di tanto in tanto o in occasione di momenti particolarmente difficili per il gruppo di operatori o semplicemente per arricchire i propri sguardi sui problemi che si hanno di fronte, inserire nella attività di lavoro dell’èquipe la supervisione esterna.
Si tratta in questo caso di occasioni di incontro e confronto, che funzionano secondo le modalità sopra descritte per la supervisione interna, con un operatore esterno al gruppo. Perché vi possono essere vantaggi con questo metodo? Perché il gruppo, dopo qualche tempo che lavora assieme, può aver definito dei modi di relazionarsi un po’ rigidi, oppure ripetitivi, insomma meno efficaci nell’analizzare le condizioni di lavoro e conseguentemente l’ingresso nel gruppo di un osservatore esterno può apportare una nuova visione delle cose, dei comportamenti, dei modelli di funzionamento del gruppo.
Il nostro studio può fornire persone esperte per supervisioni di équipe di lavoro nel campo dei servizi educativi e scolastici, sociali, psico sociali e sanitari.